Giusto o sbagliato?

l'importanza-di-avvisare

Sarà giusto? Sarà sbagliato? Faccio bene o faccio male? Negli ultimi giorni, – alla ripresa dei gruppi e degli incontri individuali – i genitori mi hanno riproposto queste domande.

Ogni genitore si fa queste domande, spesso molte volte al giorno. E a ragione. Perché nella nostra cultura sembra che ad ogni errore del genitore corrisponderà un trauma insormontabile per il bambino e la bambina. Tutto dipende da noi e solo da noi. Sappiamo bene, per averli vissuti sulla nostra pelle, come possono pesare cattivi metodi educativi e proprio non vogliamo essere i responsabili dell’infelicità dei nostri figli e, timore ancora più grande – quasi indicibile – non essere amati e riconosciuti da loro come buoni genitori.

E dunque ecco il dubbio: giusto o sbagliato? Il dubbio spesso ci paralizza e finiamo per non decidere, per non prendere posizione, o per essere incoerenti – ora una cosa ora l’altra – pur di non correre il rischio di sbagliare. E questo non aiuta i nostri figli, che si ritrovano senza una guida salda, senza una bussola, senza un adulto che indichi loro con sicurezza il cammino. E così arriva l’ansia l’insicurezza, dei genitori e dei figli.

Oppure ci si affida ai libri, ai siti, ai consigli degli esperti, ma a volte l’ansia e l’incertezza aumentano anziché diminuire, perché gli standard di perfezione risultano irraggiungibili e i consigli generali inapplicabili alle mille sfumature del singolo caso. Esperienza confermata anche da una recente ricerca dell’Università di Swansea, Regno Unito, che illustra come il 53% delle lettrici di un manuale sia più ansiosa dopo la lettura e solo il 22% più calma.

Ho già cercato sinteticamente di riflettere sulle ragioni di questo atteggiamento in uno dei primi post del blog lartedieducare.blogspot.it, dunque non mi dilungo su questo punto. La questione piuttosto resta come uscire dall’impasse.

Ai genitori che mi pongono questa domanda (e a me stessa ogni volta che anche io me la pongo) rispondo che non esiste il giusto e lo sbagliato. Non è questo il punto. Esiste la cosa più adatta. Più adatta ai bisogni del bambino o della bambina, innanzitutto. Bisogni diversi da individuo a individuo e di momento in momento. Più adatta alle possibilità del genitore e della famiglia, anche queste diverse e variabili. Dunque il primo passo è – ancora una volta- ascoltare farsi domande: di cosa ha bisogno? Cosa posso fare per lui o per lei? Cosa mi rende (ci rende) più sereni e in armonia? Le risposte a queste domande non sono scritte in un manuale né in un sito. E spesso neanche la nonna le conosce perché, per cultura, non se le è mai poste. Il confronto aiuta, con l’altro genitore, con gli amici o in gruppo. Non il consiglio. Il confronto. Che è cosa diversa. Nostro il figlio, nostra la domanda, nostra la risposta.

E poi. A volte diamo alle nostre domande risposte che non funzionano. Non una, ma molte volte, prima di trovare quella efficace. Per dirla con i termini consueti sbagliamo. E allora? Cosa succede se sbagliamo? Assolutamente nulla. Se ci rendiamo conto che qualcosa non va possiamo sempre riparare. Cambiare, trovare modi nuovi, apprendere dall’errore. Chiedere scusa. Questo, fra l’altro, insegnerà ai nostri figli che sbagliare è possibile, anzi inevitabile e utile. E che si può riparare.

E poi ancora. Alleggeriamo. Non ci è chiesto di essere genitori perfetti (guai! se lo fossimo) prendiamoci in giro, divertiamoci, accettiamo anche le parti buie (quelle che non ci piacciono e vorremmo non vedere più) perché solo così potranno ricevere un po’ di luce. Abbassiamo l’asticella del dovere e della ricerca della perfezione e concediamoci qualche umano sbaglio.
I nostri figli non ce ne vorranno per questo. Corriamo anzi il rischio di sbagliare. Hanno più bisogno di genitori imperfetti che si assumono il rischio e rimediano che di genitori immobili e insicuri che per paura non osano mostrare la via.

Dott.ssa Silvia Trombetta
Educatore Professionale – Counselor

Articolo tratto dal blog “L’arte di educare”

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